L’MLS non è solo uno strumento informatico attraverso cui gli agenti immobiliari condividono le liste degli immobili. L’MLS è anche – o meglio – soprattutto una metodologia operativa. Motivo per cui la semplice introduzione della tecnologia non basta, da sola, a colmare le lacune sul fronte del metodo. Ora, si sa, introdurre gli strumenti è semplice; è lavorare sulla cultura, invece, la parte complicata. Troppo facile inneggiare agli Stati Uniti come modello da imitarea, se poi non si ha la consapevolezza delle differenze (talvolta abissali) che separano il sistema Italia da quello USA. Tali differenze riguardano sostanzialmente i seguenti aspetti:
- Cultura
- Standard
- Struttura del mercato dell’intermediazione
- Mancanza di regole chiare
Veniamo al primo punto, che poi è anche il più ingarbugliato: la cultura. Negli Stati Uniti il Multiple Listing Service costituisce lo standard operativo. In Italia, al contrario, si tratta di un sistema di lavoro ancora poco diffuso, le agenzie italiane che collaborano sono ancora una piccola percentuale. Anche se di MLS si parla sempre di più e questo è un dato positivo. Al di là di discorsi filosofici sull’individualismo e la propensione a condividere – vogliamo forse dire che gli Stati Uniti sono culturalmente meno individualisti dell’Italia? – la verità è che gli agenti italiani sono poco propensi alla collaborazione perché non hanno compreso appieno i vantaggi dell’MLS. Non credendo nello strumento, si finisce per non utilizzarlo per paura di incorrere più in svantaggi che in vantaggi, oppure si finisce per utilizzarlo solo in modo marginale, ad esempio, condividendo soltanto incarichi difficili da vendere, con la conseguenza che sarà difficile anche vedere i risultati della collaborazione.
Per quanto riguarda il secondo punto, invece, i problemi di comunicazione tra piattaforme sono dovuti all’utilizzo di sistemi informatici differenti che non si interfacciano tra di loro o lo fanno in modo macchinoso, poco agevole. Questo costituisce sicuramente un ostacolo alla diffusione del modello collaborativo. Al momento, si ovvia al problema della mancanza di uno standard di comunicazione attraverso l’integrazione informatica di gestionali e database differenti, visto che in italia non c’è una regolamentazione che prevede da un punto di vista tecnico uno standard di comunicazione a cui tutti i provider di sistemi informatici sono tenuti ad uniformarsi.
Passiamo alla struttura del mercato dell’intermediazione immobiliare: in Italia il mediatore sta tra le 2 parti e riceve una provvigione sia dal venditore che dal compratore, in genere, il 3 % dall’uno e il 3% dall’altro. Negli Stati Uniti il compratore non paga alcuna commissione, l’agente immobiliare viene pagato esclusivamente dal venditore. Il broker del venditore provvederà poi a stornare una parte al broker del compratore. Negli Stati Uniti, inoltre, a differenza dell’Italia, la stragrande maggioranza delle transazioni avviene attraverso agenzie immobiliari. Mentre in Italia, una casa su due viene venduta per trattativa privata. È facile intuire come la collaborazione sia un elemento strutturale in un mercato come quello USA.
Per quanto attiene alla regolamentazione, infine, mentre in Italia il fenomeno, essendo ancora acerbo, non è normato da regole chiare (o forse sarebbe il caso di dire che è ancora acerbo proprio a causa della mancanza di regolamentazione?), negli USA l’accesso all’MLS è governato da una singola associazione di categoria, la National Association of Realtors, a cui partecipano quasi obbligatoriamente tutti gli agenti immobiliari nei 50 Stati. Per diventare Realtor bisogna prima conseguire la licenza di agente immobiliare dal proprio Stato e poi bisogna depositare la propria licenza presso un Broker (il titolare di un’agenzia con comprovata esperienza) che sia già un Realtor a sua volta, frequentare alcuni corsi aggiuntivi e pagare una quota annuale per i servizi forniti dalla NAR che includono anche l’accesso alla sezione locale dell’MLS.
Solo un Realtor certificato può inserire una proprietà sull’MLS e deve seguire criteri molto rigorosi per assicurarsi che le informazioni fornite siano accurate e soprattutto complete. Chi sbaglia viene estromesso, molto semplicemente.
Qual è la soluzione allora? Rinunciare per sempre all’idea di un MLS italiano? No, semplicemente sforzarsi di colmare le lacune, per quanto possibile, e adattare il modello alle specificità locali.
Intanto, comunicare i vantaggi – che esistono e sono numerosi sia per gli agenti che per i clienti – attraverso adeguati eventi di formazione. Condividere informazioni significa incrementare la massa critica in termini di immobili da vendere e richieste clienti da soddisfare, col vantaggio di moltiplicare le transazioni e di assicurare varietà e tempi rapidi al cliente nella ricerca dell’immobile.
Quindi, adattare l’americanata, di per sé positiva, alle diversità operative e alle consuetudini locali del modello italiano. Innanzitutto, flessibilità: dato che il modello non è ancora maturo e data la mancanza di regole chiare e di formazione sul tema. Dare agli agenti la possibilità di scegliere i colleghi con cui condividere e garantire un sistema di feedback affidabile che consenta agli utenti di recensire l’esperienza collaborativa col singolo collega sono meccanismi basilari per incentivare la diffusione del modello e consentono di partire dal livello locale, con un approccio graduale, attraverso la formazione di microreti collaborative, per costruire la fiducia necessaria step-by-step.
Web enthusiast, appassionata di viaggi, libri e scrittura. Siciliana d’origine, milanese d’adozione, dopo una laurea in Management presso l’Università Bocconi di Milano, entra a contatto col mondo delle startup e del Prop-tech. Oggi lavora come Consulente di Marketing.